Ho tenuto di recente una serie di lezioni sull'uso della voce. Ricordando Lao Tzu, l'autore de "La regola celeste", il testo base del taoismo, l'antico e saggio maestro diceva agli allievi che se non avessero imparato a respirare con i piedi non sarebbero stati suoi allivevi.
Ho così fatto lavorare sulla consapevolezza del corpo ed ho sollecitato i miei allievi a risuonare con esso. Ovviamente alcuni erano stupefatti.
Certo: nel costruire il suono si costruisce "l'uovo" di risonanza, ma non tutte le parti del corpo sono effettivamente risuonatori.
«La risonanza è dunque il processo
attraverso il quale il prodotto primario della fonazione, cioè il suono
generato dalla vibrazione delle corde vocali, oltre ad essere rinforzato
in intensità, dà luogo, attraverso il passaggio nelle suddette cavità, a
quello che è definito il timbro della voce. Le cavità di risonanza sono
spazi confinati contenenti aria, la quale è in grado di risuonare, cioè
di vibrare, se investita da un’onda sonora, quella appunto prodotta
dalla vibrazione delle corde vocali, producendo un suono che è composto
da una banda di frequenze (armoniche) le quali contengono alcuni picchi
centrati sulle frequenze naturali di risonanza delle cavità
attraversate. In altre parole, secondo la conformazione e
l’atteggiamento assunto dalle cavità che momento per momento ricevono
l’onda sonora, si avrà un rinforzo di alcune armoniche e non di altre.
Vale la pena sottolineare che in realtà ciò che risuona, ciò che
realmente costituisce il “risuonatore”, è l’aria contenuta nelle cavità,
non le cavità in quanto tali».
Esse sono dette “il tubo
aggiunto”, per la funzione di amplificazione del suono
dopo che è stato generato alla sorgente (corde vocali), o ancora
“cavità sopraglottiche”, essendo poste al di sopra della glottide (che
non è un organo ma semplicemente lo spazio orizzontale delimitato dal
bordo libero delle corde vocali: triangolare durante la respirazione
quando le corde sono separate, abdotte, per consentire il passaggio
dell’aria respiratoria in trachea; virtuale quando le corde sono in
posizione adduttoria, cioè chiuse, in fonazione).
«Il suono laringeo viene amplificato ed
arricchito di armoniche ad opera dei risuonatori attraversati e giunge
all’ambiente con caratteristiche acustiche strettamente dipendenti
dall’atteggiamento funzionale adottato dalle cavità, oltre che dalla
loro struttura anatomica. E’ importante allora precisare che i
risuonatori sono posti tutti e solamente tra sorgente sonora e ambiente a
comporre il citato “tubo aggiunto”: non è pensabile, per la stessa
definizione di risuonatore, che una cavità che si trovi prima del punto
di origine del suono fondamentale, della nota emessa, possa in qualche
modo risuonare, in quanto tale cavità non potrebbe mai essere
attraversata da un’onda sonora, e non avrebbe perciò nulla da poter
amplificare. Dall’alveolo polmonare alle corde vocali la corrente
espiratoria non è vibrante, cioè è muta, e le vie aeree (polmoni,
bronchi, trachea, “petto”) non sono risuonatori. Ecco allora perché,
anche se didatticamente significativo, è sbagliato parlare di
risuonatori toracici: le sensazioni vibratorie che in alcuni ambiti
tonali dell’emissione si localizzano e vengono avvertite dal cantante
nel “petto” non sono dovute a fenomeni di risonanza ma a fenomeni
vibratori muscolari e scheletrici relativi alla trasmissione del suono
nei tessuti costituenti».
Il torace, il petto o altre parti del
corpo quindi non risuonano ma “consuonano”, il che significa eh non amplificano il
suono ma ne trasmettono solo le vibrazioni in qualità di corpi solidi.«Il cantante fa comunque ricorso al controllo dell’atteggiamento funzionale degli organi cavi che fungono da risuonatori attraverso le sensazioni muscolari e vibratorie che essi ricevono. E’ anche per questo che si parla di “canto in maschera”, che è il riferimento vibratorio che il cantante riceve, dalla sua emissione vocale, nello scheletro facciale. Analogamente, il termine “voce di testa” deve essere accettato solo in riferimento alle sensazioni vibratorie soggettive che il cantante avverte nel cranio e nel massiccio facciale per “consonanza” vibratoria di tali strutture muscoloscheletriche, come avviene quando si affrontano i toni della seconda ottava e in particolare dopo il cosiddetto passaggio di registro ai toni acuti, almeno quando si usa la voce piena e non il falsetto.Da individuo a individuo la conformazione dei risuonatori è ovviamente variabile, ed è spesso riscontro comune nel buon cantante lirico un viso piuttosto largo con ampia componente zigomatica, cosa che ha fatto credere importante l’interessamento dei seni mascellari alla risultanza acustica dell’emissione; in realtà i seni paranasali sono cavità virtuali che poco incidono con la risonanza in quanto l’aria contenuta in essi non viene investita da alcuna onda sonora, dato che il collegamento all’aria contenuta nelle fosse nasali avviene attraverso un canale che in condizioni normali risulta collassato. La faccia larga del cantante è invece un segnale di buona ampiezza generale delle cavità di risonanza, della cosiddetta “maschera”, che coincide con la superficie di riflessione e propagazione vibratoria muscoloscheletrica della voce in quelle cavità che se correttamente sfruttate fungono da megafono e da selettore appropriato di armoniche conferendo qualità al timbro e sonorità al suono emesso.
A differenza della cassa armonica degli strumenti a corda le cavità di risonanza nella voce umana hanno la caratteristica di poter variare in volume e conformazione grazie alla presenza di organi mobili quali la lingua, le labbra, il palato, ecc., permettendo una selezione delle frequenze armoniche da amplificare e dando luogo alle variabilità timbriche che mettono in grado il cantante di mutare i colori espressivi del proprio suono, specificare le vocali, ecc.
Nel canto lirico esistono diversi fenomeni legati alla gestione dell’emissione che dipendono strettamente dalle modalità di utilizzo dei risuonatori» (G. Fusi).
https://www.youtube.com/watch?v=lJxwcSRbW7c
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