sabato 10 giugno 2017

La cordata continua…

Oggi pomeriggio e giovedì alla Mondadori incontriamo amici, familiari, persone che ci capiscono e sostengono e noi cerchiamo di fare lo stesso con loro.

Ci scusiamo se non arriviamo a tutti e ci scusiamo con noi stessi per non essere … come vorremmo.
C'è una vocina critica dentro a volte un po' insistente. Vergogna? Paura?
Chissà perché siamo "ostili" verso noi stessi. Abbiamo immagini di noi e della nostra vita e facciamo una tale fatica per stare in quelle immagini! Ma sono solo immagini. Vediamole e stop.
Sentiamo la vocina e riconosciamola: erano le indicazioni dateci da bambini quando ci stavamo formando, per proteggerci dagli errori. È diventata automatica.
Ora siamo grandi. Il nostro io adulto è diventato "Nano Brontolo"? e allora basta! Ci blocca.
Lasciamo andare la creatività. Stop alla paralisi, al coltivare pensieri cupi.
Lo dico per me. Mettiamoci su una bella e nuova intenzione. Siamo gentili con noi stessi.
Stiamo nel nostro essere: è in divenire.
Anche questo fa paura: è quella che Lowen chiama «paura di vivere». La paura che ha in sé il seme per trasformarci e trasformare la nostra vita in qualcosa che va oltre la nostra immaginazione. C'è un seme che può svilupparsi in questo buio e venire alla luce.
È normale provare paura, non ci sono medicine. Vediamo solo che dietro la paura c’è  la spinta al divenire, una spinta che ostacoliamo con i nostri gli sforzi  perchè le cose siano diverse da come sono. Così, forse, se ci rendiamo conto che cercando di cambiare le cose ostacoliamo il divenire, possiamo  lasciare che le cose siano come sono per aprirci anche a quella esperienza. Per esistere senza paura di vivere: nessuno può prendere il nostro posto. Aspetta solo noi.
Se abbiamo paura di essere, di vivere, possiamo mascherare questa paura intensificando il nostro fare.
In latino si dice "horror vacui". Paura del vuoto, dello spazio libero.
Se siamo indaffarati non abbiamo tempo per sentire, essere e vivere. E possiamo ingannare noi stessi credendo che il nostro fare sia essere e vivere.
Come dicono i ragazzi, alla fine della scuola: «scialla».
Andiamo oltre "school is over"!

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