sabato 1 luglio 2017

Lasciare andare la paura


Sto cambiando la paura in musica. E ci sto riuscendo, vorrei condividere questa esperienza forte, davvero, in questi giorni in cui ero sola e ho lavorato di più su me stessa.
Sto smontando la paura in note e un poco sta passando, anche se ogni volta inventa un'ansa ed un nodo nuovo, una voluta in cui mi impiglio. Perché la mia paura più grande..  è la paura di PERDERMI.
Ecco gli step.
Vederla: l'ho addirittura disegnata e mi ha spaventata ancora di più. Ho avuto paura della mia paura, del groviglio, delle anse da cui non si riesce a trovare scioglimento, in cui si resta chiusi. Mi sembra di stare di nuovo al punto di partenza, come nel labirinto.
Conoscerla: è un buco nero… Ho un vaso di Pandora dentro e più tiraro fuori più ce n'è. Ma un pochino per volta addomestico il mostro.
Accettarla: come parte di me, come energia che si trasforma.
IO SONO. Posso utilizzare questa forza, comprendendola. Un pochino per volta
Comprendere come funzioniamo diventa la base dalla quale far uscire le risposte.
Trasformarla.
E' possibile scendere dentro la nostra imperfezione e vederne le ragioni, l'energia e anche la bellezza.
E il dolore? Tutto cambia se rispondiamo diversamente al dolore e questo ridimensiona sintomi e anche le "pretese" come quella che se siamo belli, bravi e buoni, non ci sarà mai alcun dolore.
Nel lavoro su di me entro in contatto con il mio nucleo centrale (o Sè superiore), grazie alla contemplazione, alla preghiera, alla meditazione, alla consapevolezza, alla terapia, all'esperienza e tantissimo al respiro. Se sto nell'apertura del cuore.

Nella terapia del counseling a mediazione corporea che sto sperimentando alla Scuola la Commedia di Carlo Gibello e Valentina Sanna si fa esperienza del presente riscoprendo il sentire nell'immediato. L'esplorazione del passato è finalizzata a sentire come il passato influenzi direttamente il presente. E come il presente sia in continuo cambiamento e in continua relazione e interazione.
Thich Nhat Hanh: «inter-essere (…) gli emisferi di due persone tendono a sintonizzarsi quando sono in una relazione intima. In questo modo, le esperienze degli altri vengono comprese interiormente, percettivamente, prima ancora che intellettualmente».
Se siamo vivi stiamo nel flusso, nelle possibilità di cambiamento e crescita, volgendoci alle risorse innovatrici che sgorgano anche dalle ferite passate.
L’idea che la sofferenza e il dolore siano frutto di un errore è fortissima, è come una condanna biblica ed è falsa. Non è vero che si soffre = c'è qualcosa di rotto da riparare. Oppure che il dolore è la conseguenza di un errore. Per me non è così. Nel dolore ci sono delle risorse, e per attingervi non è necessario passarvi dentro. Ma se siamo troppo testoni allora non ci sarà altro modo.
Una cara signora, vegliarda,del gruppo del RnS diceva:«se ci facciamo morbidi nelle mani di Gesù ci può modellare come creta, se ci facciamo rigidi come il marmo prenderà il piccone!» (Lucia Reinieri).
Non c'è vita esente dal dolore e non sto affermando che questo sia bello: la differenza sta in come rispondiamo a questo dolore. Quindi il dolore può essere un dono. Con Mauro, il mio marito pellegrino, ci siamo resi conto che l'esperienza della malattia - per tutti e due - ci ha enormemente migliorato la vita.
Che cos'è dunque la guarigione?
«Quale che sia la causa del nostro dolore, ci chiede di prendere la responsabilità di una risposta saggia e, per farlo, abbiamo bisogno di portare un’attenzione priva di giudizio alla nostra vita» (N.Cinotti). Consapevolezza è quella capacità naturale di essere completamente dentro un’esperienza e saperla descrivere con presenza e senza giudizio, anche se è accompagnata da emozioni difficili.
Ci sono emozioni negative che hanno un effetto macro che produce patologie. L’obiettivo è ridurre la loro comparsa. Ma ogni emozione - se vissuta con consapevolezza - porta una briciola di saggezza.
Quindi non bisogna buttarle via, e ancor meno reprimerle oppure agirle impulsivamente.
Respirare.
Esplorare le nostre emozioni. Come Mauro il pellegrino.
«Se viaggi senza cambiare sei un nomade. Se cambi senza viaggiare sei un camaleonte. Se viaggi e il percorso ti cambia sei un pellegrino» (detto ebraico).
Noi siamo pellegrini.

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